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lirik lagu occhi di astronauti – ti ricorderai di me

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sono part-to con una borsa piena d’amore per chi ci governa
ci ho messo dentro ogni ricordo della mia vita presente e futura
e tu ti ricorderai di me per una foto segnaletica che
avrai intravisto di sfuggita al telegiornale nella notte

spensierato e giovane come le stagioni
in questo inverno pubblico, il fuoco anima
le camere bruciano, i senatori sembrano bambole di ceramica
mediocri come attori, commerciali fantasmi
maniaci dell’ego, della parola vuota, prego
attimi di freddo, la bomba esplode, io vedo

vest-ti eleganti in fumo, grigliate di bicipiti, ne sento il profumo
si scioglie la cera dal volto dei politici e di loro non si ricorderà più nessuno
dolce veleno, dolce far niente, il cielo è sereno
dolce attentato, è così che va in frantumi uno stato

tu non mi fai guadagnare, non mi confondi forse con gli altri zombie
la mia non è paga, neppure tantomeno ci mantengo una casa
una vita modesta in affitto e ancora metto annunci sulla bacheca
un’ipoteca, un’ipotetica voglia di farti fuori, in onore dei doveri e dei diritti

coi ricchi, coi soldi d’altri e i ricchi coi sogni d’altri
poi noi coi ritmi da schiavi egizi, con il rosso in banca ed il peso dentro
se dipendo da te, ma se penso al senso e al nulla che ottengo a gratificarmi
mi chiedo cosa mi trattenga, scusi, mi consenta, lei si trattenga

io adesso vorrei solo poter vendicare
chi ha perso il suo lavoro, chi lo vive male
per mille euro al mese fatti rompere tu il culo
la schiena, poi muori come un operaio che non torna la sera

scese la notte sopra ai miei occhi per brillare come l’alba
e serve la notte per dare fuoco ai vostri castelli di carta straccia
l’ipnosi che osi a noi non incanta, incappi nei pochi col fuoco negli occhi
che esplodono il loro dolore in una lama che ti p-ssa da parte a parte la faccia

voi che avete una divisa e non ideale, non avete onore, solo un lavoro da fare
rappresenti la tua legge che per me non è uguale, rappresenti il mestiere da infame
l’ordine che picchia i manifestanti, un fiume di sangue in cui nuoto tra tanti
l’ordine che mi ha rubato il figlio, nel tempo di un fiato, esagera sapendo che sarà perdonato

così pensavo forte e disperato, se non del tutto giusto, quasi niente è sbagliato
quindi ti ho seguito con la lama in tasca, nella quotidianità la tua divisa non basta
ti ho ridato l’odio che mi hai dato, l’uomo contro l’uomo senza lo stato
non ho mai creduto nel perdono, sono ciò che sono, l’unica giustizia vera è quella che ti fai da solo


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