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lirik lagu miike takeshi – edipo

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[strofa 1: miike takeshi]
languidi ma innocenti
poggiavano ameni seni pieni
sul viso dalle guance fiorenti
imberbi, e labbra ebbre
si nutrivano del lauto nettare con cui crebbe
prima pavide, poi avide mani
sondavano il baldo piacere del tatto di un corpo caldo
ma la malizia è negli occhi di chi morigera
la natura è libera, la si sevizia

[ritornello: ronny hood]
desiderio tagliente come un coltello
questa vita non lo cambia e non lo cambierà
ma, strappato il cuore devo riaverlo
chiedo perdono madre ma non basterà
dormo s’ella dorme, bramo le sue forme
la notte fradicia di pianti miei
perché non voglio donne se non lei

[strofa 2: miike takeshi]
soleva far di p-sso lesto orgoglio
con esterno rigoglio ma con l’animo spoglio e mesto
l’ora è tarda, presto la tavola sarà imbast-ta
dell’antica fatica di un uomo onesto
l’aria pungente fra le dita fini come una mat-ta
la voce ambita udita dalla sua casa
la strada, senza nessuno che vaga
rende il silenzio una piaga, che reca l’eco della vita
frastornato dal rumore ridondante
ebbe sentore d’essere latore di un atto ripugnante
e con timore, salì le scale claudicante
il tremore sale e s’avvale della lena ansante
scorta la porta poco aperta, accorta la mano
piano l’aprì conducendolo alla scoperta
il soffocante lezzo, le vettovaglie a terra
furono avvisaglie del soverchiante ribrezzo
sgomento, bocconi sul pavimento
mento a terra tra convulsioni intonò un lamento
gattoni verso la stanza degli albori
d’occulte p-ssioni sovvenute come un memento
lento, attento, udì un pianto affranto
fremendo comprese l’oggetto del compianto
a letto l’ambita, le mani al petto
gemendo vide esalare il tramonto di un’anima contrita

[strofa 3: miike takeshi]
scosso, poggiò la mano sul viso
l’abito liso, con un riso lo scorse intriso di rosso
mosso il p-sso presso chi fu per lui modello
e flagello al contempo, un fardello troppo grosso
ed il peso giunse a bieca disgregazione
per natural livore la confusione lo punse
e -ssurse, per amor materno
padre eterno nemico, ne bevve il sangue: anime ricongiunte
il cimelio finalmente, liberò il sacro simulacro
da lui anelato da sempre
cautamente le s’accostò in posizione fetale
in modo tale da poggiare la testa sul ventre
lui mormorava, lei taceva
sembrava che acconsentisse alle frasi che le diceva
le sussurrava dolci parole di prole
che suole esternare amore, ma lei non rispondeva
la colpì ma non gemette, temette d’averla offesa
e fu presa tra le sue braccia strette
vide la faccia bluastra, dalle labbra colava saliva
rappresa come acqua salmastra
il corpo esanime, di ghiaccio è freddo
sebbene ciò rimase ancora il suo diletto
e con impaccio le rimboccò le coperte
e disse: “sei così fredda che par tu abbia dormito all’addiaccio”

[strofa 4: miike takeshi]
aleggia il lemure delle remore che dileggia
la stanza muta sembianza ma non in reggia
greggia rimembranza, ebbre labbra dischiuse
in laconico monito, lui attonito, insolito all’intemperanza
l’ottemperanza al decalogo plasmò il delitto
reietto eletto a derelitto per uno strano diletto
abbiente di p-ssione, che raggiunse la convinzione
solo quando non fu più in forma latente

[ritornello: ronny hood]
desiderio tagliente come un coltello
questa vita non lo cambia e non lo cambierà
ma, strappato il cuore devo riaverlo
chiedo perdono madre ma non basterà
dormo s’ella dorme, bramo le sue forme
la notte fradicia di pianti miei
perché non voglio donne se non lei


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