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lirik lagu matteo buratti – come in preda a una vertigine bianca

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[testo di “come in preda a una vertigine bianca” ft. ricardo phillips, guè pequeno]

[strofa: ricardo phillips, guè pequeno]
ci si costringe ad amare la vita e sé stessi per la troppa paura dei morire
mi aggrappo con tutta la forza che mi è venuta a mancare, agli spartiti de “lo scorrere” della musica, della riconquista di sé nel passato drogato e dopato
perché non c’è un giorno di riflessi di abulia in cui non mi sia davvero amato, dove tu non sia stata tutti i miei “vale la pena di vivere”, ancora un po’
continuare a farsi turbare dagli stati d’animo neuro~cardio e psicodegenerativi travolto come dal triangolo del drago, dal magnetismo di essere un eroe nei bagni di solе di noi più metempsicosi, lussuria e lascivia sbavata in rossеtti e saliva reincarn~z~one con la tua pelle melaninica, la mia pelle refrattaria, l’aria del tuo volto come antico che sorride piano, incerto, come si farebbe davanti alla speranza che trasfigura in immagini ologrammatiche, le più sofisticate esistenze del subconscio che poi si dissolvono in un sospiro
ed è un attimo che non provo la pace odorosa e speziata come questa pallina di oppio virtuale ormai immaginato reale che fa trarre fasti e sogni pure da quest’incubo subliminale, interrotto nel loro scorrere dalla foce alla fonte dal pensare al ritmo docile dei capelli di lei nell’ultimo vento che vedo un minuto per me ad ascoltare quello che nel silenzio le parole~molteplicità vogliono dirmi
ci si costringe ad amare la vita e sé stessi per la troppa paura dei morire
un minuto per me ad ascoltare quello che nel silenzio le parole~molteplicità vogliono dirmi
interrotto nel loro scorrere dalla foce alla fonte dal pensare al ritmo docile dei capelli di lei nell’ultimo vento che vedo
ed è un attimo che non provo la pace odorosa e speziata come questa pallina di oppio virtuale ormai immaginato reale che fa trarre fasti e sogni pure da quest’incubo subliminale che trasfigura in immagini ologrammatiche le più sofisticate esistenze del subconscio che poi si dissolvono in un sospiro
nei bagni di sole di noi più metempsicosi, lussuria e lascivia sbavata in rossetti e saliva reincarn~z~one con la tua pelle melaninica, la mia pelle refrattaria, l’aria del tuo volto come antico che sorride piano, incerto, come si farebbe davanti alla speranza
continuare a farsi turbare dagli stati d’animo neuro~cardio e psicodegenerativi travolto come dal triangolo del drago, dal magnetismo di essere un eroe
perché non c’è un giorno di riflessi di abulia in cui non mi sia davvero amato, dove tu non sia stata tutti i miei “vale la pena di vivere”, ancora un po’
mi aggrappo con tutta la forza che mi è venuta a mancare, agli spartiti de “lo scorrere” della musica, della riconquista di sé nel passato drogato e dopato
ci si costringe ad amare la vita e sé stessi per la troppa paura dei morire


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