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lirik lagu john faser – criogeniano

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[testo di “criogeniano”]

[strofa]
ci si sente soli morti dentro pelle ohlin
sui sentieri stelle e rovi do nutrimento a sette soli
il senso di smarrimento inverte poli e cavi
nel mentre converte suoni strani
sbavi verde e muori umani merde merce come cani
dall’altopiano affacciano le selve dove stavo
sbranati dalle belve come notti nello tsavo
imparo dagli schiavi che il ricavo sono gli occhi congelati
ritornati al criogеniano
vedo navi inabissare sorde ordе di dannati
sopra al forte le alabarde ripercuotono distorte
sto in disparte parlo con le foglie morte ormai sepolte avvolte da coltre di neve è breve il lasso geme
cede il passo lede teme il ghiaccio ancor più greve dal basso accede si attiene al collasso
figlie della notte corrono a caviglie rotte
coi frammenti delle grotte strani unguenti crani appesi di animali vari arnesi resi schiavi degli attesi mesi invani altresì presidiavi
il gelo crea i suoi affreschi, indosso le sue vesti
resti di più universi contrapposti ai cinque sensi
cieli di stalagmiti come viti sulla testa
si è aperta una finestra attraverso occhi anneriti
demiurgica richiesta
ha divelto le mie gesta ora aspetto che ricresca la tempesta ed i suoi miti
ascolto endless dismal moan
mi suicido a fine disco e torno una vera persona
se più niente mi emoziona e lentamente si peggiora è la mente che imprigiona
ti infilo un coltello in gola divenendo cosa sola
riemerga la nave avvolta da un manto di neve le mie pupille cave ora fungono da stive
nascondono l’altrove non sono mai state vive
da giove la tempesta si riversa sulle rive
brucia il pieve del conclave
zero mire certe sere quando piove sulle pire
come fossero chimere
albe estinte fimbulvetr sento fitte bevo linfe dalle ninfe delle cripte labbra finte spezza cinte e palafitte mura afflitte lascio scritte derelitte di sconfitte circoscritte a ‘ste soffitte nude e zitte turbe inflitte cupe elitre ormai trafitte risorgono distratte intanto accolgono la notte
si formeran distanze che i suicidi aumenteranno
chiuso dentro le mie stanze fino a che non crolleranno
fonderanno col cristallo preservando l’inquietudine
nella quale colmeranno l’infinita solitudine
non vivono le lacrime sopra pupille ruvide
evaporano madide lasciandone la ruggine
ho racchiuso in una mantide le fioche luci che
strappano le anime dalle foglie più lucide


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