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lirik lagu jek dicoppe & fondazione kilroy – avvoltoi

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– oh, ma chi sei?
– ahahahaha
– sono satanik, non ridere! vengo da saturno
– ahahahaha

con le tigri i cugini i ruscelli
evitando
di camminare con ombrelli
sotto i riflettori
tutti quei signori con i cappelli
messi al posto delle sedie
fatte su misura, la gente che c’è, dietro i flauti, tra le fronde
e le sporcizie
e il piscio di uomo
che si vanta e si adora
per la puzza che fa, per la faccia
e il potere che emana
dall’avere un ombrello
sotto cui si ripara
perché il dio della pioggia
non gli bagni il cervello
quanta gente, quanta gente c’è
che ha paura di me
certe bisce han paura di me
l’amicizia, delle altre mi piace e mi fa godere
lussurioso non sono nel modo
di volare
che è il più raro e temuto
e non ha di uguali
nel cielo e sulla punta degli occhi…
al di sopra del cibo, al di sopra di tutti
tutti quanti
tutti quanti gli eroi
tutti quanti gli idioti tuoi!
con le tigri e i cugini serpenti
combattendo una lotta per fame
su nemico comune che si vanta e si adora
per la puzza che fa, per la faccia e il potere che emana
dall’avere un ombrello sotto cui si ripara
perché il dio della pioggia non gli bagni il cervello
quanta gente, quanta gente che c’è
che ha paura di me…
senza ridere
del ridicolo
senza ridere
aspettando che ti sputino negli occhi
senza piangere
solo se ti arriveranno delle bombe
guarda come volo
come me ne frego degli affari tuoi, eroe!
per non perdere la calma
per sentirmi più sicuro
metto il nido nella neve
nel deserto dei pensieri
volo oggi come ieri
voglio solo bermi il mare
se mi odi o se mi ami
se mi chiami col mio nome
devi solo dire: avvoltoi!
vola, vola ecc…

guarda il coniglio bianco a.b.c
che cammina di fianco a me
bi e bi a bi oh bi eh bi oh ah…
cambierà civiltà
l’incivile
che fa rutti sul sedile posteriore:
vuol viaggiare da solo
vuole solo ascoltare, il suo canto d’animale
vuol solo digerire, avvoltoi
la cucina spirituale
che si affanna a ricreare
i maccheroni
razza ariana della pasta
solo dopo i tortelloni, di ricotta
e sangue marcio, della panna
dei miei piedi. avvoltoi

con le tigri i cugini i ruscelli
evitando
di camminare con ombrelli
sotto i riflettori
tutti quei signori con i cappelli
messi al posto delle sedie
fatte su misura, la gente che c’è, dietro i flauti, tra le fronde
e le sporcizie
e il piscio di uomo
che si vanta e si adora
per la puzza che fa, per la faccia
e il potere che emana
dall’avere un ombrello
sotto cui si ripara
perché il dio della pioggia
non gli bagni il cervello
quanta gente, quanta gente c’è
che ha paura di me


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