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lirik lagu jalindra – apolide

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[testo di “apolide”]

[intro]
lui è uno dei tanti, uno dei molti
ha radici fluttuanti oltremare, altri mondi

[strofa 1]
l’alba del racconto sorge in terra mistica, lontana
fiumi sacrodorati dan vita con l’eco del nirvana
in nome omen, con retaggio vedico succede che
la nuova genesi divina, jal più indra, namasté
boato del fato, catapultato tutto d’un fiato
infante giramondo dall’altro lato del creato
atterra in città eterna come figlio ormai adottato
primo di cinque, così bramato, sarà eternamente grato
l’epopea è costante, fa su e giù per lo stivale
tempo di due tarantelle in croce ed una pizzica veloce
apulia in uno schiocco, arriva lo scirocco su dal mare
un soffio e lui va via, spira via, aria sottovoce
pr~nta a riecheggiare tra la nuova bruma e la foschia
ai piedi di quei monti, landa pedimontis tuttavia
senza porla da parte del vento impara l’arte, ossia
chi viaggia fa il mestiere suo, ramingo senz’etnia

[bridge 1]
l’odissea continua con altri soli, altri venti
maschera residua stroncata dagli eventi
stilla esigua in piena faccia incava la sua traccia
e se la goccia
[strofa 2]
scava la roccia a strati
cambio stagioni perpetrati
avanti e indietro come amici e amori per sentieri abbandonati
diventano tsunami senza eguali in una mente a incastri
che tra i reami emozionali innescano forti disastri
con effetto domino e moto effimero
sanciscono le zone d’afflizione della causa
nella casa degli specchi interiore
rifrazione labile esiliare ogni accenno di dolore
valore friabile associare apolide con emozione
se non diamo nome a cruccio ed amarezza, il cuore ci si spezza
sono italiano d’adozione, lui giustamente pensa: “straniero nella mia n~z~one”
l’inganno l’accarezza con rappreso sangue misto alla caligine densa
d’un mare incrociato ci pensieri con cui conversa
attraverso leghe d’ombra sull’abisso, la eco è tersa
troppo del nord per essere del sud e viceversa
bianco dentro, fuori nero, luce negli occhi ormai persa

[bridge 2]
riverbero del prisma esistenziale
momento di rottura emozionale
specchi e riflessi in frantumi
adornano vestiti futuri

[strofa 3]
tutti i posti a cui si adatta non son quelli a cui appartiene
tutte le persone con cui tratta son treni persi nelle sere
con vagoni—condanna viaggiano su finti fili d’arianna
sintagma del dramma è il condono che forte lo infiamma
stigma del suo angusto viaggio, forte sisma d’un travaglio
è il momento di passaggio che ora valica ogni sbaglio
rinchiuso dentro ogni coccio rotto in quella sala degli specchi
vi è solo un broncio sordo e adesso con quei mille pezzi
si cuce addosso un abito intarsiato con la somma degli stessi
per essere compiuto nella forma di tutti i suoi riflessi
chiunque cerchi d’essere qualcuno, provi prima con se stesso
siamo tutto e niente, siam solo il presente molto spesso
puzzle infiniti, arazzi mai sbiaditi
di sensi una diaspora
superiamo confini con fini costruiti
per aspera ad astra


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