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lirik lagu flavio zen – cado

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[strofa 1]
e se respiro aria buona cerco i leocorni, cavalco i mondi
perché soltanto nei sogni ricordi com’è prendere fiato per riempire i polmoni per poi rib-ttarlo fuori
invece di tossire già solo a considerarne il fatto
dimentica il senso del tatto
come quando ti sembra di cadere nel vuoto
ma poi ti accorgi d’esserti svegliato nel tuo letto, ancora sonnolento
prendi il piumone per nasconderti dall’orologio che trascina te verso il lamento eterno
come il riposo di chi ha visto tutto
o di qualcuno che avrebbe voluto farlo, prima di pulire il proprio nome dalle anagrafiche
fallo: porta rispetto a chi non può, cazzo
scrivi due barre e sei già soddisfatto
come puoi dire d’esserne contento?
che già a pensare che la strofa sia finendo mi viene un infarto
mi tocco il cuore, mi prendo più spazio
sazio così la voglia che ho nel petto
la voglia che ho di urlare a tutti che state sbagliando
la voglia che ho dire che basterebbe solo un gesto per rifare tutto e cancellare il ghigno dalla faccia d’ogni menzognero fiero di esser pieno del suo ego peno
al sol pensiero di doverne far a meno credo
che se grid-ssi un po’ più forte sveglierei gli dei
e andrei l-ssù soltanto per sgridarli
come quelli che danno dell’incapace a tuo padre perché tu sei un drogato
e che non sai quanto sia grande il dono che t’ha dato
ma poi che cazzo di colpa vuoi che c’abbiamo?
se ci servono la morte su piatti d’argento, a poco prezzo
costruendo un fausto erebo pezzo per pezzo
con scarti di malte esumati dal fango dell’inferno?
ma il cambiamento sta giungendo

[strofa 2]
e dimmi com’era quando il tuo nome non c’era
quando gridare non bastava a diroccare nessuna barriera
ma dal tuo piedistallo non puoi far altro che spargere semi di gloria
espiatoria, tipo promemoria di un’ascesa che per te non è avvenuta
come se il pudore dei primi p-ssi non ti appartenga
nati con la camicia tinta di vergogna
sp-cchi sul palco, ma anche te sei nato in questa fogna
e non capisco perché mai tu voglia farmi credere
di essere sempre stato celebre
abbi la forza di ammettere d’esser debole
abbi la forza di ammettere d’essere come ogni tuo simile

[ritornello]
le nuvole non mi sanno tener su
perché son fragili e la gravità traina giù
le nuvole non mi voglion tener più
perché son fatte d’aria, ed io ne voglio di più


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