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lirik lagu falce – casa

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strofa 1

una macchina con dietro un camion
io dietro zitto e giocavo buzz light year nella mia mano
mia madre guarda me, mio padre guarda avanti lontano
su un cartellone un tizio sembra salutarci con la mano
dopo corso orb-ssano siamo già in mezzo ai campi
la fronte del mio vecchio ragnatela di preoccupazione e affanni
sullo specchietto vede un paesaggio vecchio di quarant’anni
ci lascia un appartamento e pochi rimpianti
io continuo il gioco la sigaretta di mia madre prende fuoco
mia sorella guarda fuori e parla poco
lasciamo l’autostrada
la verde milonga in sottofondo matcha con il panorama
odore di erba e bosco merda e compost terra e sorgo
testa e corpo sono diventati strada
l’odissea che separa
città e provincia sta in una cinghia tirata e mezz’ora di carreggiata
pochi p-ssi, entriamo compatti in questi muri gialli, raggi di luce distratti
odore di piatti asciutti, legno e sogni intatti
la fronte di mio padre si spiana, sorride e dice “benvenuti a casa!”, benvenuti a casa

bridge

ricordi la montagna davanti a questo balcone?
sappi che ogni sera ci muore il sole
non scappi da casa intero, ma ci lasci sempre dei pezzi
casa è una parola strana
a volte bacia, a volte pianta i denti
a volte bacia, a volte pianta i denti!

strofa 2

seduto sotto il portico rigido porfido, una statua di cera scappata dal madame
tusseaud. le unghie non le mangio, le scortico, l’abisso sotto il bianco dell’occhio
come ogni comico
non sognavo il microfono, non sognavo affatto, la notte crollavo nel letto, dormivo
disfatto
la barba del mio vecchio mette qualche pelo bianco
intanto che io cresco, p-sso da un banco all’altro
gli anni che ti danno le chiavi
(non fare tardi)
i primi branchi, prime incursioni nel mondo dei grandi
i primi branchi, prime incursioni nel mondo dei grandi
falsi duri, furiosi pazzi, plotone di stanley
le cartine, ognuno le chiude con i suoi drammi
persi, fatti, (nel bosco come bambi)
non fanno la felicità?
nel dubbio fanne altri
il tempo p-ssa sopra i volti, ne cancella i tratti
apro gli occhi, sedici anni, altri rapporti, stessi sguardi, amiche donne, amici grandi;
coi miei pari non so rapportarmi
facchino carico coi problemi degli altri, fachiro tetraplegico fermo da anni sugli stessi
aghi
libri e dischi riempiono due zaini, fermo alla stazione aspetto per tre anni(per tre
anni)
guardo l’ora, le diciannove, il fondo che mi accoglie come una liberazione
in sottofondo solo il cuore non sento rumore, il mio volto sciolto con quello di mille
persone
sparisce tutto quanto, anche le voci nella testa, come l’ascensore che ti porta ad una festa, la quiete e la tempesta, la voce che dice “resta”, l’arma che ti premi sulla tempia e fa cilecca
tornato neonato ho fatto tutto diverso, ho schiaffeggiato il dottore, sono uscito ridendo, parlavo dopo un’ora, ho camminato il giorno stesso
elementari, medie, diploma in un secondo e mezzo
la merda si trasforma, diventa petrolio grezzo
tuffo nella folla, tengo fame questa sera!
guardo l’ora, dio madonna son le venti, ora di cena!
una risata mi carezza la schiena, lei sotto la luce come una falena
mi avvicino tipo stiffler, ma nelle palle ho fitte, nel cuore palafitte
salgo sulla scala richter
senorita, volevo dirle una cosa, spero che non rida
“arrivare fino alle sue labbra è stata una fatica”
che fatica!

outro

ricordi la montagna davanti al balcone?
io la guardo ogni mattina mentre nasce il sole
casa è una parola strana, stacci attento!
si avvicina e si allontana
tu vai a tempo
ricordi la montagna davanti al balcone?
io la guardo ogni mattina mentre nasce il sole
casa è una parola strana, stacci attento!
si avvicina e si allontana
benvenuto a casa


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