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lirik lagu varg117 - capolinea

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guardo il mondo fuori mentre corre via sbiadito l’occhio cala stanco intanto, credo d’essermi assopito

l’apice di un giorno ormai finito di un sole ingrigito segni sulla pelle logora come il vestito

rito che ripeto all’infinito mentre dico d’esser stanco nel rimpianto di non essere riuscito

piango sottovoce per chi come me qua intorno cerca un po’ di pace nel silenzio che
è da sottofondo mentre
conto con le dita le gocce sul finestrino e poi quelle sopra al mio zigomo mi sento più vicino

a quelle mura a quella casa al mio cuscino a quegli istanti ormai distanti e al volto del mio bambino

sfilo il portafoglio dal taschino guardo quella foto a capo chino muto come a mimare un inchino

sino a soffermarmi sul sorriso di quel viso mai appassito impresso a vita in quell’immagine in cui ancora vivo
fisso l’istantanea e quella nostalgia che emana

si

parte di un istante che non ha reso la vita vana
e plana l’anima lontana chiama e si agita perché più vado avanti

e più lei si allontana

gli occhi chiari di lei che osserva quello che resta

di un uomo che detesta se stesso e ciò che lo infesta
fantasmi nella testa

spettri non gli danno tregua no

la morte che lo lega
naufrago che cade in mare e annega
nella melma e rinnega quello che era

che ha odiato la sua vita fin quando ancora ce n’era

e ora che è finita si guarda indietro e riflette
su tutte le parole pensate ma poi mai dette

sopra questo treno che corre ma senza sosta anime dannate che viaggian senza risposta
reduci da vite finite linea spezzata
aspettando il capolinea
per l’ultima fermata

sopra questo treno che corre ma senza sosta anime dannate che viaggian senza risposta
reduci da vite finite linea spezzata
aspettando il capolinea
per l’ultima fermata

su questo treno solo anime come la mia che il mondo ha abbandonato e lasciato alla nostalgia costrette come in celle, e strette nella follia lontane come stelle, schiave dell’apatia

se

ripongo i miei ricordi e compongo ciò che rimane di un uomo fatto a pezzi da soldi droga e puttane di chi giocava tutto anche quando mancava il pane e che ha aperto tagli troppo grandi da rimarginare

guardo l’orologio che è fermo all’ora funesta specchio di quel giorno, e spettro delle mie gesta
e di quell’istante, della tangente sulla mia testa di quella sera, della tua voce, dicevi resta

ma io non potevo ormai era troppo tardi giuro che volevo separarmi da quei drammi giuro che volevo cambiare ed allontanarmi dal mondo che ho assaggiato ed ha finito per sbranarmi

un bacio sulla fronte a mio figlio dentro la culla un bacio
un bacio a te che hai dato a me tutto e io invece nulla
e mentre me ne vado di spalle piangiamo entrambi
tu per amore, io nel dolore di questi sbagli

un colpo nella nuca per dare un futuro a loro lasciato in una buca vicino a dove lavoro in questo prato che è abbandonato mi sento solo fissando un cielo spento disteso nel sottosuolo

questa qui è la storia la vita mia et la mia croce impressa nella carta ed espressa da un’altra voc che ha dato a me parola da quando più non parlavo redento dei peccati
che un tempo desideravo

sopra questo treno che corre ma senza sosta anime dannate che viaggian senza risposta
reduci da vite finite linea spezzata
aspettando il capolinea
per l’ultima fermata

sopra questo treno che corre ma senza sosta anime dannate che viaggian senza risposta
reduci da vite finite linea spezzata
aspettando il capolinea
per l’ultima fermata


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