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lirik lagu uochi toki - uranium age crew

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[verse 1: zona mc]
quando l’hip hop era ancora un ragazzino io ero solo un ragazzino e tutto era ingenuo come me, forse meno, forse me la meno, forse nella grande mela meno, ma qui da noi era come un’unione di tutti i b-boy, tutte unite le crew più o meno, almeno durante le jam… no aspetta, nemmeno… comunque, dicevamo, io ero solo un ragazzino e i genitori mi lasciavano andare soltanto quando il posto era vicino a queste feste, con piroette sulle teste, odore di vernici fresche, rime, puntine a velocità pazzesche, io stupito come sull’olimpo, vest-to come un mandingo, convinto di non essere solo un bimbo, ero un bimbo solo poiché i miei amici non eran nel rap, solo alle jam tutti erano proprio come me. quando i rapper facevano il cerchio ognuno poteva avere un minuto, anche il più minuto, l’esperto; anch’io potevo fare il mio concerto in questo show all’aperto chiuso nel cerchio, figura perfetta che unisce intorno a un centro, poi la jam finisce, l’età dell’oro finisce ed ognuno ha la sua versione come in ogni relazione che finisce, per qualcuno è finita nel video oppure nelle solitudini che affollano le web community, per altri è una sperimentazione che la porta su altri lidi o altri-tudini, per qualcuno non è mai finita: ogni giorno una sfida da mettere in rima con fotta continua e io invece non ci penso tanto, soltanto ogni tanto quando sto sotto la doccia e canto mi accorgo che canto quelle strofe; essendo piccolo quei rapper mi sembravan grandi, ora che son più grande mi sembrano piccoli, forse è lo stesso per chi oggi è tra i piccoli e mi dice “sei un grande”, spero che poi mi stritoli! poiché non c’è una cosa più preziosa come l’oro che rende un’età l’età dell’oro, magari l’età migliore sarà loro, ma che ne sai? non puoi sapere tutto e di sicuro non lo troverai se rimani al golden age rap standard, fuori tempo, vado fuori dal tuo standard, io sono fuori di qua, “eh no signore, l’uscita è dall’altra parte.” “ah. grazie.”

[verse 2: napo]
e mi è rimasta appiccicata questa idea di gruppo di amici marchiata “hip hop anni ’90” che combinata alla lettura continua e app-ssionata di certi manga mi ha installato negli occhi il naif, ed ora in ogni gruppo vedo un team come one piece, non riesco più a p-ssare la serata con gli amici in modo normale: vado a dormire presto se il programma è quello di stare tutti -ssieme ad ascoltarsi un film o per vedere un disco, mi unisco al gruppo solo se si va a fare qualche disastro o solo in caso di disastro, o solo in caso di disastro da mettere a posto, se qualcuno trova una carc-ssa d’istrice o un capriolo appena morto. se sto fermo mi viene sonno, e non sopporto l’espressione “far serata”, preferisco p-ssare insieme la giornata alla gente che conosco in buona parte disoccupata, e allora a cosa serve riposarsi? andiamo tutti quanti a fare un’attività non pagata, non programmata, a vedere una cascata o un’industria abbandonata, qualcosa che provi che noi siamo fuori da quelle coesioni legate ai costumi, da quelle spirali amicali che escludono i nuovi, che fissano i ruoli e da lì non ti muovi. io voglio amicizie che non si realizza, io voglio una gang con la mia stessa stizza, che ha voglia di pizza se io ho voglia di pizza come i rettili ninja che abitavano in fogna. ho fame di prisma come forma perfetta, nel ruolo di prismo organizzo una festa e poi sono il primo poco convinto, che rifiuta l’invito ad un rave al castello, poi dopo ci penso, ci vengo e rincaso sul presto. non voglio gli amici, ma voglio individui che intuiscan da soli se stare vicini o lontani, con gli occhi puntati sugli altri, saltando i saluti e p-ssando ai discorsi più astrusi e pesanti, senza soprusi ma senza riguardi, senza scusarsi, abbracciarsi o chiamarsi, ma pieni di sguardi di intesa, di attività intensa che intesse una guerra senza la violenza. “è un’amicizia impossibile questa! come dicon sia quella tra un uomo e una donna.” in un certo senso è vero ed in questo stesso senso credo che non sia possibile nemmeno tra individui dello stesso sesso: voglio troppo! il punto è che la parola “amico” e la parola “gruppo” già da sole dovresti scomporle ognuna in 90 sotto-parole, come fan gli eschimesi se dicono “neve”, figurati poi dicendole insieme in espressione completa: un gruppo di a-mici p-sserebbe una sera a discutere il fatto che siano 90 o 30 le parole per “neve” per un eschimese e senza fonte certa la discussione continuerebbe fino a una certa. e io se fossi in questa banda smetterei di parlarne e mi farei da parte addormentandomi seduta stante, sognando subito imprese amicali p-ssate realmente avvenute però ingigant-te con un microscopio o con un teodolite, e mai coi miei occhi. mi tocca sdoppiarmi e guardarmi da fuori come fossi un mio amico, ora solido, ora g-ssoso, ora liquido, ora gasato. ti dico quello che è stato nel p-ssato, le imprese gag della mia crew al tempo delle jam: ma quanto eravamo coesi e quanto non lo siamo mai stati? in entrambi i casi è vero, rompo il vetro di ciò che è stato nell’era dell’oro di mnemonici fake, ora è tutto più complesso, siamo amici lo stesso nella uranium age


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