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lirik lagu somarionda – da lì in poi (’77)

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quel tempo chiama gioventù a raccolta
mentre travolta è in botta da night fiva
l’italia odia e ama in strada resta gente uccisa
fugge lama, muoiono lorusso e la giorgiana
su bologna i carri armati di cossiga
suona profondo il mare, suona napul’è di pino
quando rino intona la sua aida
grida l’ultima avanguardia e dopo il vile cabaret
qui in provincia l’adelina balla con il male che se la porterà con se
in famiglia è forte il dramma
un bimbo in pancia smania e scalcia
però mangia a giudicar dal tondo della mamma
che in un giorno di acque rotte, ore sette e cinque sei
sforna quattro chili e un etto con cavei
sesso maschio sagittario con due belle gote
e un’altеrego di catarro che vuole soffocarlo in piеna notte
il bimbo dorme poco e male
con il muco come compagno
amico di strusciate sui polsini del grembiule
alla scuola elementare è un bimbo lento
“signora questo qui è un distratto cronico
lui sta nei mondi suoi a statuto autonomo
e consegna fuori tempo
fate qualcosa subito se non volete che sia eterno ultimo”
il bimbo si fa ometto col suo cervellino
avverso al calcolo e alla logica
buono per il tratto grafico con mano di mancino
non per la carriera in elettronica
perciò la direzione vira sotto la catena apuana
nelle terre di carrara
dove ancora si respira sano e tira una bell’aria libertaria
ma è l’epoca che esige una tariffa oraria
e anche il più lento avrà il suo appuntamento con la storia
c’è la scimmia per la pagina quando non è più bianca
per il nero del carattere da stampa
per il detto dalla bic sopra la cartapaglia a voce alta
quando un chiunque infila sillabe con bocca di mitraglia
e il funk lo esalta
c’è un urlo che si alza, dice
“state in guardia, l’incubo è imminente”
un’altra gioventù chiamata alla raccolta
inerme, poco pr~nta, garantita in niente
massacrata anche stavolta tra le strade e le caserme
tra i precari e i robocop, i lilliput, il blocco
la città di genova va a fuoco
c’è chi raccatta quell’allarme e se lo porta in loco
c’è un reato di tortura si, ma giusto giusto sedici anni dopo
poi il ritorno da quell’ira, il rimbocco che motiva
fanti uniti da medesime incertezze
nelle occupazioni di provincia dei primi duemila
e per un pò la ciminiera vibra
al 29 in via delle pianazze
giunge la buriana che riquadra il “noi” a “io chi sono”
un ometto in un riflusso nuovo titubante in ogni ruolo
da impiegato fantozziano si domanda com’è giusto vivere
quand’è così che ci ammazziamo
quando il cancro del lavoro
mangia mano a mano un tempo che non tornerà
lui ancora sta nei mondi suoi a statuto autonomo
contro il suo io biologico
un anziano ancora in fase della p~b~rtà


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