lirik lagu pierluigi castellano - recitativo ii
apro la porta
esco
un altro p-sso
mi aggrappo al cubo rosso
a fatica
le mie vene sollevano
il mio corpo malato
in cima sopra
ora sono qui in piedi
leggo
un giornale
il giornale è pieno
scorro le pagine velocemente
rumorosamente
saltano parole
cadono
in terra prendono la fuga
foto…..foto
si animano
mi parlano….parlano tra loro si raccontano – forse….
prendono la fuga per mano
niente più carta solo….solo io
più niente da leggere
solo i numeri delle pagine
forse le conto – non so…. (1, 2, 3, 4, 5, ….1….)
invettive contro il giornale
stanchezza contro la carta
cade
i fogli cadono
un suono -ssordante
scompare sparpagliato dal vento, con la carta, ogni foglio
un sospiro
sono un po’ stanco di sopportare
tutto questo
molte persone mancano
mi mancano
contiamo quanti siamo rimasti
io, non so fare….
ma vedo l’accasciarsi di tutto
e non riesco a tirare le somme
ma lo farò
in alto ora
un po’ in pericolo
ascolto il cuore le vene
le vene
si nutrono del sangue secco
dai piedi
accarezzo il cuore
per calmarlo
la vista lotta
un occhio
percepisce l’intera circonferenza del globo
l’altro
sbatte contro barriere di solitudine e sovraffollamento
tornano indietro stanchi
ricordo di voci ad impasto
ricordo…
ricordo… ric… ri… r… r…
non così
allora parlare era
ricordo. non così. non era così
tutto vicino…..
no non ricordo
la mente sintonizzata
pare confusa
non capisce che cosa ha
quanti sono o
chi è
niente sembra più grave
tutto si confonde e si mescola
tutti parlano insieme
in un istante
la mente si ferma
chiude ancora i suoi buchi
e si ascolta internamente
sente la natura che parla
sussurra di lotte
è il ricordo di guerre ed epidemie
che combatte contro tutti gli organi interni
il ricordo di tutte
le vecchiaie p-ssate
ride
sussulta
da un’estremità all’altra del corpo
sussulta
il ricordo
tocca ogni organo
ma ogni volta non capisce
la lingua procede a ricordare
come tutto era
non si pr-nuncia
esplora
il corpo
dall’interno
attraversa le membra il cervello
un’estraneità picchia i lobi più sensibili
arriva fino ai piedi alle mani ogni capello può parlare
ma non riesce a descrivere
l’invisibilità di quella
devastazione
proprio come se tutto col-sse
senza urla
tutto si aggrum-sse
tutto, dall’estremo opposto
abisso tecnologico
ancora qui
sul “coso” rosso
persino gli ingegneri più prestigiosi
non saprebbero portarvi
esempi adeguati
scendere
ho nutrito il corpo
non mi dispero
finalmente trovo un appoggio
rido – gioia
pulsare del cubo pulsare del rosso
una fuga, una linea a zig zig
questa la mia ultima immagine
dal cubo
saltellando
fino all’orizzonte
e poi oltre…. poi… niente tracce
rientro
(federica santoro)
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