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lirik lagu pholas dactylus - hieros gamos

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hieros gamos per noi
non importa quanti siamo ora
quanti eravamo allora
quanti saremo tra un po’

hieros gamos per voi
che siete al di là del ponte
che si contrappone alla morte
chiedete pure senza paura

il sale della sapienza
l’oro fuso della conoscenza
chiedete, nulla è negato
hieros gamos è un regalo

il ponte che non divide
il ponte oltre la sorte
il ponte sulla nube del mattino
fra p-ssato, presente, futuro

ed avevo intonato una canzone per lui
in quel giorno dai contorni sfumati
dicembre, non piove quasi mai
dicembre non era adesso
lasciavo che lui cancell-sse
le sue impr-nte di zucchero filato
sull’asfalto forse giallo marzapane
ma solo nel mezzo
spingeva con tutto il peso del corpo
quell’ultimo pezzo di muretto bianco
un’ombra siglava la sua infanzia
e fermava il suo gesto
fino a che tutto non sarebbe stato
che carta da macero

ed avevo intonato una canzone per lui
quando stille di sudore ed una mano contratta
liberò i mastini pr-nti a sbranare
un biglietto di sola andata per l’ovest ondulato
mulino a vento e buoi a trascinare l’aratro
aroma di barbecue, un valzer lento, languido
stelle che non sembravano stare poi così immobili
ore o millenni lasciano fluire anche l’inizio
questo corso di secchezze ed asciutte parole
crocevia d’inganni e radici amare
un duello interrotto a metà strada
tra i tuoi pensieri oversize ed una scala pentatonica
un duello interrotto a metà tra due accordi eterni
ed una brutta bestia nascosta nel tuo tempio

sei come un pennuto, ma con la penna… in bocca
a fior di labbra, sulla riva di un mare
un davvero strano mare, caleido
nei giorni della follia allo stato più puro
nei giorni e dello stupore, caleido
nei giorni e del timore frieto, invasivo
che si sp-cchi una corda o manchi la corrente
come una piovra possiedi sei mani
una è per te, le altre per noi
e sulla riva di questa scogliera
fra un mare di teste svuotate completamente, in tutti i sensi
nei giorni delle corde roventi
nei giorni senza peso alcuno
immerso fino al collo tra le onde della tua musica viva e sognante
nei giorni dello stupire, caleido
sei come un pennuto e con la penna in bocca
aggredivi il tuo mare, con -ssoluta leggerezza
con solo sei corde, solo sei, te compreso
in un volo danzante, leggendario, caleido

camminare sull’acqua del fiume
dietro le quinte di un teatro di vita
un mandala che attraversa la pelle senza farti alcun male
roteare di legni profumati tra le dita
timpani, campane e spazzole
che accarezzano piano l’amigdala, l’ippocampo e la …
tamburi lontani comunicano a mondi vicini

da uno stretto orifizio sbucare arrotolati
lo stesso simbionte, rorido, madido corpo di seta, di fiamma
spalancare gli occhi, trent’anni, trentamila o… poco importa
alle spalle, impr-nte sconosciute, corridoi obbligati, srotolati, maledetti
erosi da una ruggine di pensieri infami
traspare terriccio sabbioso
la bocca ricolma, le bocche ricolme
emergere a palme aperte
colpiti da una forte luce
il grande cancello viene spalancato
grandi vacuità ci vengono incontro
un grande suono fuso con esse


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