
lirik lagu napo (uochi toki) - οφις βατρακοβορος
sono il primo ad arrivare in cima all’alta collina boscosa. metto il piede su di una coperta di foglie di quercia e castagno, frammista di erbe d’autunno. il mio cappotto casuale, le mie scarpe scelte dal dna, ed io che vedo steso tra le foglie un occhio tondo che mi guarda, disturbato dal mio sopraggiungere. una bocca nera, gonfia di zampe palmate rassegnate al destino dell’ingoio. il serpente nero molla la presa, il rospo fugge da una lenta digestione. rimane un biacco oscuro rivеlato nella forma di una biscia dissacrata. e non c’era liturgia di cui non facessi partе. anzi, niente liturgia. solo querce che guardavano me che guardavo terzi. la non eterna lotta tra il rettile e l’anfibio. un momento, connessione, ed ognuno per la propria via, senza strada. rimangono solo gli alberi
il secondo dopo, a distanza di vent’anni, muovo il passo nel piazzale semiabbandonato e bordato di ulivi e cerri, e vedo attorcigliarsi quei serpenti stessi neri nell’abbraccio della copula. sibilanti fruste, squame muscolose. ed io avrei fatto il giro, ma non c’era strada ed ero come attratto da quel caduceo che si è marchiato nella mia memoria in modo sì marcato e roboante, che nemmeno un simbolo potrebbe aspirare tale complessa indelebilità. ancora la presenza che spaventa quella coppia e li divide, ed io li seguo tra le pietre per scusarmi: “non badate a me, me ne vado”. e messo all’angolo, uno dei due copuli mi attacca. ed io sparisco. lascio pietre e terra, cade il fascino per gli οὐροβόρος. perché i serpenti te la metton giù diversamente e non torneranno mai. un essere che sfugge al desiderio di essere terrorizzati, come al desiderio di essere rassicurati. un essere che sfugge al desiderio di desiderare, come al desiderio di smettere di desiderare. un essere che sfugge senza fuggire. un essere senza. un senza senza senzienza, ma, comunque sia, un essere
ed io, che li disturbo senza averne desiderio, son privato della vista e poi donato di una inner vista. il mio ennesimo tiresia confinato giù nell’ade al servizio di chi passa, ibridato con cassandra: un androgino a cui puoi chiedere di fare tutto ed assistere ad amletici spettacoli con lo zio a teatro ed il re padre avvelenato. ed io no, non ho fatto il pazzo. me ne sono andato rimanendo. e adesso non parlo al teschio di mio figlio. i dilemmi sbroglio tutto solo senza mai coinvolgerlo, mentre lui, tranquillo, gioca con la switch. acquisisco street in credibility: no snitch. alieno, rischioso e puccettoso come stitch. se mi chiedi “come stai?”, apro un gorgo oscuro come teach. in risonanza con la glitch witch, più che alla ricerca di una b~tch kitsch. ritorno negli abissi per evitare un maremoto come ponyo on the cliff. e la fine non è la fine, non è la quiete, non è il mio inizio. cammino in territorio ibrido dove definitivamente non è chiaro cosa serve. e se mi dici: “sei paziente?”, io faccio: “ssssssss…” come il serpente
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