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lirik lagu cono d’ombra – se bruciasse la città

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[intro]
guarda come prende bene
guarda come prende bene
guarda come prende bene
guarda come prende bene
(se bruci-sse la città…)

[strofa 1: lo snooze]
radio ombra parla
rullante e granc-ssa
urla per le strade
liberate barabba
pensate all’anima
gerusalemme bruciata
un’ultima carica
carmina burana
spalanca gli occhi
grida ho sete
chimera millepiedi
cinquecento schiene
testa d’ariete
baciate il fuoco, falene
quando sarà cenere che farete?
ballate intorno alle carc-sse d’auto, iene
il proletariato è morto
e anche noi non stiamo troppo bene
turisti del riot, in viaggio organizzato
foto ricordo accanto alle macerie
sulle maschere stessi sorrisi
tubi esplosivi
neo situazionisti
play the city
bruci la crisi
l’innocenza mani, corpi, visi
nel nome dei bastoni, della benzina e degli esplosivi

[strofa 2: clark nova]
ci troverete a testa b-ssa
dove la rabbia incrocia la paura
col p-ssamontagna a fare da armatura
la dove i palazzi nascondevano il futuro
si vede l’orizzonte, ma è dietro alle colonne di fumo
p-ssi nel catrame
la fame che stana i lupi
s-ssi nelle vetrate le guardo andare in frantumi
crolla la cattedrale
cade l’ordine borghese
balliamo tra le macerie che tanto siamo fottuti
svuotami la testa dai sogni a manganellate
tanto non son le vostre colpe a farci male
ora che abbiamo più lividi che ideali
un paio di idee b-n-li e voglia di vomitare
il caldo scioglie l’asfalto, l’asfalto scioglie le suole
salto a toccare il cielo, lo schianto di icaro al sole
roma sotto nerone, facce sotto il cerone
mezzo busto, metà uomo, metanolo e metadone

[scratch: dj acidovic]
guarda come prende bene
guarda come prende bene
guarda come prende bene
guarda come prende bene
(se bruci-sse la città…)

[strofa 3: il della]
dove eravamo rimasti? ah, si…
era l’alba, luce calda, calma piatta
e noi? convinti di avercela fatta
vento in faccia
ricordo un vento strano, un vento caldo
il cambiamento lento lo stavamo accelerando
dal batt-to di ali all’uragano
e la follia piano piano che diventa sistematica
su una terra ormai sintetica
la fiaccola dell’anarchia
il caos dalla teoria p-ssò alla pratica
e divampò in un attimo
il panico è normale
quel puzzo di bruciato e di catrame non lo togli più
fine di ogni schiavitù in senso pratico e morale
il terzo stato in marcia e dietro fiamme in stile hollywood
ma il mondo si organizza, da vita a nuovi mostri
ed inizia a fare i conti coi rimorsi
ma era voglia di giustizia, era costi quel che costi
e una domanda, non ce l’eravamo posti
(se bruci-sse la città…)

[strofa 4: gregor]
come la carne dei suoi figli
e i giornali, le insegne
la poesia e le fonti orali
come gli occhi rossi nella luce del burnout
da oggi è sempre notte, taglio i fili è blackout
è il fado nel boato
è il medioevo che fiorisce sull’asfalto
rosa di sarajevo, rosa di proiettili
fiori al dio dei maledetti
crocefisso a un portone aldo salvetti
con l’adolescenza in tasca
in una riga di copione
prima che rinasca nel grido rivoluzione
bianco come il rumore
di chi è sordo prima e dopo l’esplosione
giù la testa, coglione
rosso come l’alba dell’impero
nero lutto ci siamo presi tutto perchè è rimasto zero
fuori fuoco, non inquadrarmi
sono io che ammazzo mio padre per provare a salvarmi


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