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lirik lagu leone - kiara e kion

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[strofa 1]
sono nell’ultimo corridoio, quarto p-sso
del mio pentateuco liberato, torquato t-sso
che scrivo con lettere tricromatiche
dovute al mio lucente sal-sso fatto nelle mie acque oceaniche
creo genesi ed esodo per ciò che è giusto
lettere, young-helmoltz, withney houston
e chiamò i numeri, seconda legge
che siamo sabbia nella nostra sabbia destinata a diventare schegge
io non giudico le scelte materne
perché nella mia memoria il ricordo paterno lat-ta
i miei cieli non hanno stelle, zero discendenze
è la storia di chi non patisce l’inferno in maniera apatica
voglio sviscerare la mia anima come non mai
per ricordare ogni singola vita che ho vissuto
amare dolore e sofferenza come bob e mike
per farmi ritrovare ogni verità che ho perduto
ognuno vive nel suo universo, parallelo agli altri
collegato da fili chiamati “sentimenti”
le cui fini ti decretano tra platonici o scaltri
trasformando gli universi da paralleli ad incidenti
io, esangue ed incidente ai loro due universi
asportavo il mio sangue lucente nelle mie acque calme
bloccavo il braccio con i sentimenti immersi
e mi avvicinavo alla mia laura palmer

[strofa 2]
ora più mi avvicino, più lei scompare
più io mi allontano, meno la sua anima dista
ed osservo le sue iridi chiare mostrare
l’indole dei suoi sette strati: impressionista
nelle iridi ha le acque ninfali di claude monet
circondanti due ninfee nere che sanno come attrarmi
sono due buchi neri e per loro sono un cliché
mentre per me sono le cure a tutti i miei tristi drammi
io jean marais, lei josette day
monet dipinge maree nei suoi strati coroidei
manet spinge -ssenzio nei miei spazi faringei
perché il silenzio cinge strazi quando guardo lei
vorrei sollevarti dalle tue sofferenze
cogliere fiori dai miei prati e adornarci le tue finestre
fare dei tuoi bisogni le mie più ingenti carenze
ma soccombo all’ardore, come le ginestre

[strofa 3]
il fuoco cammina con me, e leva te
predilige la regina a me che sono re
mentre il filo soccombe in zone elevate
dove mi eleva a re e vede tutte le vate elevare proprio te
ma più vai su, più la terra mi inghiotte
più vai giù, più mi faccio guerra ogni notte
perché il sangue non esce più a frotte
perché questi nostri corpi non sono opposti come vita e morte
non puoi ricordare quel gennaio veneziano
il significato dietro la costante di avogadro
i miei occhi neri, verso il quadro di stradano
a soqquadro, suonavi al piano ceco un triste brano
secessionista, avanguardista, ne sento l’eco
come un alchimista cerco il rubedo
cerco te, sono zolfo, tu mercurio
l’unica mia via d’uscita da questo tugurio

[strofa 4]
al mio fianco c’è fuoco, ci sarà la cenere
sarò il vivo tra i morti e un morto tra i vivi
quando parleranno di questa mia venere
racchiusa in tre sole lettere tanto unite: ivi
ascolterai queste parole, non ricorderai di me
incompreso e maledetto come baudelaire
poi ci rivedrai nelle sabbie mobili di prévert
e le tue note affogheranno ceche, hradec kràlové
mi hai cercato, le spine cadevano dalle rose
per poi trovarmi quella mattina in condizioni pietose
dissanguato, spine avvelenate e velenose
ma non guardarmi, che non sono cambiate le cose
ora vado via, non ho mai dimostrato di amarti
sono un artista maledetto e l’amore è arte
non avere rimpianti su di me, non preoccuparti
so di amarti, ed è per questo che mi faccio da parte


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