lirik lagu kabo - senza santi
[strofa 1]
ricordo che quand’ero bambino avevo un rapporto migliore con il mattino
e milano mi sembrava più grande fino alla provincia dove ancora vivo, lavoro, scrivo
ricordo mamma e papà che fumavano in cucina appoggiati al tavolo
non ricordo quanto, se poco o tanto, philip morris blue se non sbaglio
scrivere un disco ti fa crescere tornando piccolo
come in quel film di cui non ricordo il t-tolo
e mi viene da ridere se mi dicono “la musica è sacra”, per me è un antidolorifico
pranzi, nonni, radio di sottofondo, sentirsi liberi in fondo
con la certezza che i giorni sono solo un girotondo
con quell’ignoranza che ti salva dal mondo
solo per noia, solo per noi, giocavo con i rasoi disegnavo supereroi
pensavo di potermi cancellare i nei
avevo due tartarughe che ora non vorrei
ho iniziato a parlare prima del previsto, avevo uno strabismo
e forse è per questo che ora vedo una realtà che altri non capiscono
è ostracismo, e mi divincolo
[ritornello]
mi ricordo le case quando ancora la neve cadeva a natale
il mio paese era un presepe senza santi da pregare
cosparso di sale per coprire il male di un anno solare
mi sembrava una bolla di gelo e che quella bolla stesse per scoppiare
diventare bambino per tornare a pensare che tutto è normale
per trovare la morte dirle che tu con lei non hai niente a che fare
serve del coraggio per volere sapere che cosa rimane quaggiù
quando tocchi l’infinito sarai finito tu
[strofa 2]
le macchinine che tiravo da bambino con l’elastico
sono cresciute con me mi chiudono nel traffico
un giorno come tanti di quelli che non p-ssano, di tasti che si schiacciano, di pasti che non saziano
rimani bambino finché non bevi vino, finché sei sicuro di arrivare primo
finché capisci di viverti chi ti sta vicino, e che tutti finiremo sottoterra, io per primo
sono cresciuto in un paese di provincia dove se pensi per te sei un egoista
dove se aiuti qualcuno sei comunista
dove non è possibile tu faccia il musicista
avevo gli occhi belli e non vi credevo
disegnavo dei castelli e mi ci perdevo
coi pastelli consumati e i pezzi lego creavo i miei mostri e li distruggevo
fa paura essere grandi svegliarsi e ritrovarsi le mani giganti
continuare ad aspettare il più bello tra i compleanni
scoprire che in dieci minuti sono p-ssati dieci anni
ma io ti vedo nei vicoli che ridi dei miei modi ridicoli
ti riconosco dai riccioli
e mi ricordi che per diventare grandi bisogna farsi piccoli
[ritornello]
mi ricordo le case quando ancora la neve cadeva a natale
il mio paese era un presepe senza santi da pregare
cosparso di sale per coprire il male di un anno solare
mi sembrava una bolla di gelo e che quella bolla stesse per scoppiare
diventare bambino per tornare a pensare che tutto è normale
per trovare la morte e dirle che tu con lei non hai niente a che fare
serve del coraggio per volere sapere che cosa rimane quaggiù
quando tocchi l’infinito sarai finito tu
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