lirik lagu john princekin - albar
[strofa 1]
che i micro-mondi di ‘sta terra aspettino
noi saremo felici per quanto ce lo permettano
tutti mentono, hanno tutti qualcosa che vendono
hanno tutti qualcosa da cui dipendono
drink al vicodin, tv accesa in ogni appartamento
flette a strobo l’azzurro sopra il cemento
incubi che lasciano la sera quando tornano nei vicoli
e scambiano baci dentro i cubicoli
io che ricevo like da facce deserte
osservo l’esplosione del sole a braccia conserte
nei pressi di moti gravitazionali fra gli affittuari dei pianeti
e i muri troppo spessi, il vento fra i cipressi
a letto le 8 ore di tregua al giorno per superare il trauma di essere noi stessi
voi come siete messi? si era detto
“con le cuffie a contemplare l’universo dallo stesso tetto”
la mia gente non affonda nella paranoia
combatte con l’arte questa crisi mondiale di noia
dieci per città sepolti nelle fognature
pisciano felicità nell’acqua delle tubature
da cui berrete tutti quanti nelle vostre case
ammutoliti dalla controparte in contro-fase
inizialmente divert-ti da ‘sto caos che non percepite
nemmeno lontanamente nella vostra mente
[ritornello]
albar
albar
albar
albar
albar
albar
[strofa 2]
benvenuti nel panico
ora che la testa gira in modo più pratico
vedi che la vita è un pugnale in mano ad un sadico
bene, ora abb-ssa lo sguardo e guarda la tua mano sul manico
piangi pure ma distante da te stesso, te ne prego
o qualcuno dei tuoi te poi ci crederà davvero che sei zero
abbiamo tutti dentro alcuni noi stessi più deboli
che basta poco per nutrire il vuoto
sono tizi strani, freddi come quando nevica
pupille semitrasparenti come quando gira un’elica
hanno una parlata isterica
li senti imprecare a tarda notte di domenica
resistere è l’unico modo di esistere
amarsi è “nutrire il lupo buono” perdonandosi
amore abbracciami, fammi bere un po’ di sangue dalla tua schiena
per riempire il solco di ‘sta vena nera
e ti rinchiudi in te stesso, dove cazzate si fanno mostri giganti
come vermi delle sabbie aspettano
che tu possa farli troppo forti e troppo grandi per cavalcarli
inizi a non guardare più dietro
corri verso il fondo invisibile di questa palla di vetro
fino quando al limite estremo della speranza
vedi alzarsi i maestosi palazzi di albar
[ritornello]
albar
albar
albar
albar
albar
albar
[strofa 3]
non ha alcun segno del tempo
situata esattamente al centro del deserto che ci vive dentro
si alza dalla sabbia come un’isola verde nell’oceano
calda come la calma
è una madre, ti abbraccia con le sue mura
ti veste perfettamente come lana di una vecchia tuta
profuma di brioche appena sfornate
e di grigliate sotto il sole cocente di una lontana estate
sembra che respiri, sembra che ti osservi da sempre
e sappia quello che ti serve
puntualmente dalle muraglie dona un piccolo pensiero
dal mucchio delle cianfrusaglie
che ci esplode dritto nella faccia, vento nelle vele
e ci fa concepire un nuovo modo di vedere
siamo fortunati noi umani
ad avere una città vivente come amica nell’anima
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