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lirik lagu ghemon - un attimo prima

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[testo di “un attimo prima”]

[parlato]
la mia storia sul palco è~ ieri facevo il conto: è iniziata un sacco di tempo fa, è iniziata quasi trent’anni fa. ero solamente un bambino, un ragazzino, quando ho preso per la prima volta il microfono in mano in pubblico, e l’ho fatto grazie al rap. il rap oggi, cioè, domina le classifiche, è dovunque, ma quando io ho iniziato, quando l’ho cono~ l’ho conosciuto alla metà degli anni ’90 il rap era una cosa per pochi, eravamo poche centinaia in italia a farlo. però in quella nicchia, in quel microcosmo, in quell’underground io, diciamo, ho imparato una cosa, ho iniziato a scrivere le mie canzoni, a girare per l’italia, ho iniziato a fare i miei primi dischi e a far girare il mio nome. e quando verso il mio terzo disco, diciamo, il mio nome oramai girava da un bel po’ ho sentito la chiamata, cioè, ho sentito la nеcessità e il desidеrio di mettermi a cantare, di tirare fuori un pochettino la mia voce. e quindi il rap l’ho un pochettino abbandonato giusto un attimo prima che il rap in italia esplodesse. ma avevo scoperto stevie wonder, marvin g~ye, michael jackson, la musica delle grandi voci e quindi dico: “cazzo, se devo cantare come questi, eh, mi devo mettere a studiare”. quindi ho iniziato a studiare canto. studia, studia, studia, studia, a un certo punto ho imparato a cantare, sono diventato intonato, giusto un attimo prima che tutti i cantanti italiani utilizzassero l’autotune che è quello strumento che ti corregge automaticamente l’inton~z~one
però, però alla fine sono uno che ha sempre fatto tante cose diverse, diciamo, una è la sua vita. mi piace esprimermi in modi diversi, ehm, ho fatto la radio, ho scritto per un giornale di musica, che ho fatto? ho scritto un libro, qualche anno fa qualche anno fa ho fatto un podcast, ho fatto un podcast nel 2016 che parlava di due mie grandi passioni: la musica, ovviamente, e la pallacanestro. e ho coinvolto addirittura due giornalisti di skysport e le puntate ragazzi le scrivevo, conducevo, distribuivo, finanziavo, registravo, mixavo. abbiamo fatto trenta puntate, dopo ho guardato i due giornalisti in faccia e gli ho detto: “ragazzi, ma chiudiamolo sto cazzo di podcast, i podcast in italia non funzioneranno mai”. giusto un attimo prima che ci fossero più podcast che pizzerie, adesso, diciamo, i podcast sono secondi solo alle pokerie perché chiunque fa un podcast, chiunque. non ce n’è necessità veramente. anche mia madre fa un podcast, mia madre mi manda dei messaggi vocali che chiaramente sono equivalenti a dei podcast tutte quante le mattine dove mi racconta i guai che sono successi nel mondo che io, diciamo, definisco una vera e propria puntata di (?). mia madre, il podcast di mia madre ha, diciamo, le rubriche fisse proprio dei podcast, cioè: santo del giorno, la ricetta del giorno, la rubrica preferita di mia madre che è “indovina chi è morto questa settimana”
e poi è arrivato il momento della stand up. ma il momento della stand up per me è cominciato quindici anni fa, da utente, da spettatore. poi però è stato più forte di me, cioè sentivo di dover far parlare quest’altro lato di me che nelle canzoni non veniva fuori. ho iniziato a scrivere le mie prime battute. su consiglio e incitamento di carmine sono uscito, andato nei localini insieme a tutti quanti gli altri emergenti, come nella stand up comedy si fa, a provarle, magari con un nome finto. e piano piano poi le battute son diventate un pezzettino da dieci minuti, venti minuti, fin quando ho detto: “ok, è il caso che magari davanti agli amici e ai parenti inizio a provare questi venti minuti, la mia prima mezz’ora”. ma me lo ricordo benissimo che il giorno in cui faccio questa cosa mi arriva una telefonata dai miei genitori, ehm, da avellino che mi avvertono che purtroppo era era morta mia nonna. e erano anche tempi di covid in cui non si potevano fare i funerali, quindi salgo sul palco e questo deb~tto rimarrà sempre legato anche a quest’altra, diciamo, parte di vita privata che non ho potuto raccontare. ma la comicità, secondo le regole dei libri, è questo, è la verità più il dolore che porta alla risata. cioè l’uomo che scivola su una buccia di banana si fa male, ma tu che lo guardi da un altro punto di vista ne puoi ridere. e quella mezz’ora poi si trasforma piano piano in questo spettacolo, questo spettacolo a un certo punto con grandi sforzi parte in un tour e arriva la volta di milano. la prima volta a milano doppio sold out, ero emozionatissimo, i ragazzi ve lo possono dire, erano con me, e quel giorno mi arriva di nuovo una telefonata purtroppo da parte dei miei genitori che mi avvertono che nel frattempo era mancato mio nonno. giustamente so che starete pensando: “che sfortuna”. io penso che invece la mia famiglia abbia fatto di tutto pur di non vedere questo spettacolo, i miei nonni i miei nonni hanno preferito morire
quindi stasera voi mi state dando una fiducia veramente immensa. so che c’è gente che si è fatta 12 chilometri a piedi qua stasera e questo, per colpa dello sciopero, questo testimonia che siete persone che ci tengono ai soldi, eh


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