lirik lagu ghemon - cragk
[testo di “cragk”]
[parlato]
riavvolgendo il nastro comunque era il 1994/93 quando ho incontrato il rap per la prima volta in un mondo in cui internet non esisteva e, per incontrarlo, lo dovevi incontrare fisicamente, cioè qualcuno ti doveva dire che questa cosa esisteva perché arrivava dagli stati uniti. e quel qualcuno è stato per me mio cugino maggiore maurizio, il mio mentore, che un giorno mi dice: “devi venire a casa mia perché ti devo far ascoltare una canzone che quando tu~, allora quando la senti, quando senti il testo tu impazzirai. è una cosa che non hai mai sentito prima”. quindi vado a casa sua piеno di speranze, mi mettе davanti allo stereo, mette play e parte una canzone che fa “dai, tocca qui, dai, tocca qui, dai, tocca qui, dai, tocca qui, su, toccami, toccami qui, tocca qui, dai, tocca qui…”, e dico: “effettivamente il testo, maurizio, ehm…” ~ il testo ~ “ma dove l’hai presa canzone?”. mio cugino mi dice: “la mettono sempre in sagrestia, sto facendo il corso per chierichetto”. ora, questa che io considero forse la battuta più bella dello spettacolo è una dimostrazione di come all’interno di questo spettacolo ho la libertà di mescolare l’alto e il basso: fatti personali, è una sottile critica alle cattive abitudini del clero. ma comunque, andiamo avanti
in una situazione del genere io ero solamente un ragazzino, avevo 12 o 13 anni, e abitavo ad avellino, cioè non è che io uscissi di casa e trovavo altri ragazzi che stavano là magari che improvvisavano rap. l’unica cosa che potevo trovare ad avellino erano anziani che facevano freestyle di bestemmie, ma non più di questo, non più di questo. e mi colpisce un’altra cosa che scopro legata, imparentata con il rap e cioè i graffiti. ma altrettanti graffiti, eh, dove li vedevo io dei graffiti per prendere esempio? non è che ci fosse la metropolitana come a new york. primo graffito che ho visto in vita mia, che mi avrebbe dovuto invogliare in qualche maniera, è un graffito che c’è ancora vicino casa di mia nonna che vi voglio descrivere: un graffito inneggiante alla droga, non contro la droga, inneggiante alla droga, il disegno di una bottiglia, una bottiglietta da cui fuoriesce una cannuccia con sotto la scritta “cragk”, “cragk”. so che molti drogati qui in sala sanno benissimo di che cosa parlo, ma per chi non lo sapesse, il cragk è un scarto della cocaina. oggi io posso sorridere di questa cosa, però in realtà quel graffito fotografava una, forse la più grande piaga da cui è afflitto il meridione d’italia e cioè l’~n~lfabetismo
in una situazione del genere perciò immaginatevi quando io scopro il rap per me la realtà si capovolge. ero un ragazzino di provincia a cui viene dato uno strumento in mano e questo strumento ti permette di creare qualcosa dal nulla. nessun adulto ti deve insegnare come si fa, nessuna scuola di musica ti deve insegnare come si fa, non devi suonare uno strumento, non devi saper leggere la musica, non devi essere intonato; il rap dice: “sii te stesso. l’unica regola è non copiare”. quindi proprio creatività al potere. cioè in quel momento per me era l’unica cosa che esisteva, la realtà viene completamente cancellata, anche perché se ti dice, “sii te stesso e non copiare” ad un a~, ad un a~, per un adolescente è uno stimolo incredibile perché sei al~ a un bivio lì: o fare quello che fanno tutti quanti gli altri per venire accettato o distinguerti. e il rap mi permetteva di distinguermi, quindi stavo 24 ore su 24 con queste cuffie tutto il giorno. e mia madre se n’era accorta di questo cambiamento, cioè di sto fatto che la musica mi piaceva così tanto, e siccome aveva iscritto mia sorella a una scuola di musica ~ mia sorella è più piccola di me, mia sorella a 10 anni studiava in contemporanea pianoforte, violino e canto e voglio dire, mamma forse il talento risiedeva in un’altra parte della famiglia, dovevamo investirlo un po’ di più per com’è andata, no? ~ però lei ci provava, mi diceva: “ma dai, ma prova almeno a entrare nella scuola di musica di tua sorella. prova almeno cioè~ ma che ne sai magari ti piace, perché oggi, sì, ti piace il rap ma magari un giorno, sai, magari vorrai anche cantare”. io le dicevo: “ma che cazzo vuoi che canto? non mi servirà mai a niente a me cantare nella vita”. cosa possiamo dire oggi, scusa mamma
io ero un adolescente, non potevo sapere, ero nella piena fase della controdipendenza, cioè tu sei in un momento in cui non sai chi sei ma una cosa la sai: non vuoi essere quello che ti dicono tua mamma e tuo padre, inizi a manifestare la tua ribellione facendo i primi danni, i primi casini. e io il mio primo danno l’ho fatto proprio facendo il mio primo graffito sul muro esterno della scuola di musica di mia sorella. vabbè, una cosa molto innocente, ehm, ve lo descrivo: il d~, il disegno, cioè una~, il disegno di una chitarra da cui fuoriusciva una cannuccia con sotto la scritta, eh, “mamma, meglio il crack che la chitarra”. a me proprio non non mi interessava, diciamo, il metodo convenzionale
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