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lirik lagu ghemon - aspettative
[testo di “aspettative”]
mio padre è fatto così. mio padre è uno che s’aspetta sempre qualcosa in più, che anche quando arriva la buona notizia pensa che manca sempre qualcosa e te lo fa notare. mio padre è uno che mi ha dato il meglio, ma da me lo ha anche voluto il meglio. delle volte, crescendo, io ‘st’aspettativa di diventare perfetto non la capivo perché non sapevo che cosa mi mancasse delle volte, e abbiamo litigato tanto, abbiamo fatto testa e testa. forsе mio padre voleva che io fossi pеrfetto perché mi voleva preservare, se io fossi stato perfetto non sarei incappato in nessun incidente, non mi sarebbe capitato niente di male. mio padre alla fine, come tutti quanti i genitori, per me ancora sogna il posto fisso anche adesso che mi sono realizzato. per mio padre, se io facessi l’inno d’italia saremmo a posto sia io che lui. una cosa che non si può cancellare, e lo capisco perché molti genitori preferiscono la stabilità alla felicità, perché la felicità è un po’ ballerina. mio padre voleva per me il posto fisso e, invece, si è trovato un figlio che cambia in continuazione, non sta mai alla stessa parte che cerca di somigliare di più ogni giorno alla persona che è diventata, perché nessuno di noi è sempre la stessa cosa. e in questo io sono proprio come lui, questa è la cosa in cui gli rassomiglio di più. ho imparato con l’esempio, perché mio padre ~ io lo conosco, io ho memoria ~ ha fatto dei lavori, ha raggiunto il massimo che poteva raggiungere e poi ha sempre antic~p~to il momento in cui non si poteva più tornare indietro ed è ripartito da zero. è andato da un’altra parte magari portandosi l’esperienza che aveva fatto prima in cose completamente diverse, e delle volte queste esperienze sono andate molto bene e delle volte sono andate male. io me lo ricordo mio papà, ero già grande, disoccupato, depresso, con due figli grandi ~ mio padre forse voleva evitarmi questo, ma non si può. alzando sempre il livello delle aspettative alla fine finisce che sia il figlio, sia il papà sono scontenti perché il figlio non apre le ali perché c’ha un altro peso sulle spalle. e questo non vale quando c’hai quindici anni e basta, vale quando ce ne hai trenta, cinquanta, settanta. la parola affilata di un genitore alla fine c’ha sempre il suo peso ed è una di quelle cose di cui ho sempre parlato quando andavo in terapia con la mia psicologa, perché questo si fa quando si va in terapia: si va a sciogliere dei nodi che la vita ha annodato, li sciogli, metti in pratica e poi dopo la vita te li riannoda un’altra volta. ma, parlando di queste cose con la mia psicologa, ho sempre detto: “vorrei che mio padre cambiasse, vorrei che lui cap~sse che io c’ho una vita piena di aspettative, le mie prima di tutto, quelle delle centinaia, migliaia di persone che c’ho davanti, il pubblico, quelle delle persone che lavorano con me, i ragazzi sul palco, le persone dietro. vorrei che dall’alto della sua esperienza sapesse che sono sottoposto già a questa di pressione e mi aiutasse ad alleggerire un pochettino le aspettative, a rimpicciolirle, a ridimensionarle”. e la mia psicologa m’ha detto: “tuo padre non cambierà. mi dispiace per te, ma quello che deve cambiare sei tu, sei tu che devi prendere le cose che ti dice in un’altra maniera. aiutalo tu. quando t’arriva ‘sto fiume di domande, ‘sto fiume di ansia, di punti interrogativi, di aspettative, alleggerisci tu, rimpicciolisci in qualche maniera gianluca”, “te pare facile”. e quando mi sono b~ttato per l’ennesima volta in una cosa in cui veramente credevo da tanti anni ma che spesso mi veniva sconsigliata, sono scomparso dalla circolazione per cercare di farla bene come si fa, passo dopo passo, con l’aiuto di qualche altro pazzo come carmine che ci credeva e poi per le persone di otr che mi son venute dietro. e nessuno sapeva quello che stavo preparando. è arrivata la telefonata il giorno fatidico ~ la telefonata della preoccupazione, la telefonata dell’ansia ~ di mio padre che mi diceva: “gianluca, io e tua madre, ti devo essere sincero, siamo davvero preoccupati. non sappiamo che cosa stai facendo, non c’è una notizia. tu conduci una vita di cui non sappiamo niente, non c’hai un figlio, non sei sposato, l’ultimo sanremo l’hai fatto tre anni fa, l’ultimo disco l’hai fatto tre anni e adesso non si sa manco se fai più dischi. io non lo so quello che stai preparando gianluca, però ti devo dire una cosa: qualunque cosa fai, spero che sia la cosa del tuo riscatto e che sia una cosa bella grossa, gianlu, perché il tempo passa e la gente si dimentica. e per te a me mi sembra che il tempo sta scadendo”. quando arriva questo genere di telefonata di solito io e mio padre litighiamo, ma per una volta, prima di questo spettacolo, ho voluto fare le cose un po’ diversamente. mi sono calmato e gli ho detto: “papà, stai tranquillo perché quello che sto facendo, lo so e prima o poi alla fine lo vedrai anche tu. ma se ti devo dire una cosa, non avercele tutte quante ‘ste aspettative, papà. e stai tranquillo perché, se lo vuoi sapere quello che sto facendo, è un cosetta così”
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