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lirik lagu angelo baiguera - chicco

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tutto solo se ne andava oltre quella collina
cambiato, lui diceva: “non è più come prima”
voglia di annientarsi, di non darsi, finita da tempo
confusione, malinconia e amore si portava dentro
aveva detto: “basta, non mi va più di faticare”
primi anni di una vita tutta da scoprire
raccogliendo i pezzi lasciati sulle parole
finita la terminologia, situazione normale
saluta tutti, un po’ di amarezza
la fretta di and~rs~ne e da quel posto
prende l’ultimo treno
ha preparato tutto in fretta
ha preparato tutto in fretta

la vita così è per davide il suo vecchio paese in lombardia
il potere lì ti avvolge e resti quasi sorpreso
violenza, reprimere tutto, non è qui che bisogna cambiare
vecchia gente, muri e nebbie, quanto vi siete fatti odiare
la campana della fabbrica, ogni giorno a lavorare
mi dicevi: “caro amico, qui non ci si può più stare”
molotov nella testa, esplose da parecchio tempo
ho scommesso con il sole, ma comunque ho perso
mi inebriava con i suoi raggi, ne ho sentito il caldo
avrei voluto fargli un sorriso, poi non l’ho fatto
sai, avevo fretta di partire e gli dicevo:
“ti giuro che non tornerò mai
ti giuro che non tornerò mai”
l’ultima volta che ti ho visto eri appeso ad un lampione
lo stringevi, gli parlavi, lo chiamavi amore
dicevi: “rifiutiamo un mondo dove la certezza di non morire di fame
è compensata dalla certezza di morire di noia”
di questa frase, dentro di te, ne andavi fiero
l’avevi scritta con un pugno alzato verso il cielo
con quella stella che cadeva in una notte di agosto
ti prego, fammi partire da questo posto
non è la solita menata, ma non ce la faccio
il giradischi è ormai fuso e non funziona più
m’è rimasta la mia pipa, è l’unica cosa che mi tira un po’ su
è l’unica cosa che mi tira un po’ su

tante volte la tua voce mi torna nella testa
il viaggio in autostop con tu che mi gridavi: “basta
è inutile, qui non ci prende su proprio nessuno”
gli insulti di quel tipo che poi finì contro un muro
“per te è diverso”, mi dicevi, “tornerai a giocare”
ti ho sparato in aria i sogni, speravo di vederli tornare
son tornati i visi sfatti di una realtà sempre uguale
con lacrime di rabbia, “ciao, ci rivediamo, non so dove
forse a trieste, comunque ci scriveremo”
io ti salutavo, il viaggio era ormai finito
avevi preso un treno… e che non era mai partito
e che non era mai partito


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